Leandro Alberti fu uno storico, filosofo e teologo italiano, vissuto tra il 1400-1500.
Entrato nell'Ordine domenicano nel 1493, studiò teologia e filosofia con Silvestro Mazzolini da Prierio continuando tuttavia a coltivare con il Garzoni i propri interessi umanistici e storici.
Il primo risultato dei suoi studi fu il contributo che egli diede, in soli 18 giorni, alla stesura dei “De viris illustribus Ordinis Praedicatorum libri sex in unum congesti”, opera collettiva – con il Garzoni, il Castiglioni, il Flaminio e altri – di biografie di domenicani, stampata a Bologna nel 1517.
L'opera più importante dell'Alberti, dedicata ai sovrani francesi Enrico II e Caterina de' Medici, è senz'altro la “Descrittione di tutta Italia”, pubblicata a Bologna nel 1550. Ed è proprio al suo interno che risale la prima descrizione, quella più antica, delle Grotte di Pertosa. Leandro Alberti è infatti considerato “il primo turista” a narrarne.
«Passato la Pola, comincia la valle di Diano. Vero è, che fra l’Auletta, et detta valle di Diano (ch’è oltre l’Auletta due miglia) vi è a man destra della via una Spelonca dalla natura fatta sotto l’alto, et sassoso monte 30 piedi alta, et 50 larga, nel cui mezzo vi è uno scoglio, sopra il quale è un altare posto all’Arcangelo S. Michele consacrato, ove alcuna volta se gli dice Messa. Da ogni lato di detto altare veggonsi le chiare acque correre, tal che vi pare intorno un lago. Quivi sentesi un gran rimbombo fatto dall’acqua nell’entrata, che fa nel prefato Laghetto, impingendo ne’ sassi. Casca poscia essa acqua per la bocca della spelonca, et strabocchevolmente scendendo per li sassi, cagiona grandissimo strepito, insino che ella è giunta nella molto cupa valle, avenga ch’è picciola. Et quivi principia il fiume Negro molto grande per tanta abbondanza d’acqua. Ritrovandomi quivi sì come curioso, volsi intendere il principio, et origine di tanta abbondanza d’acqua, che esce da detta Spelonca, da gli habitatori del paese, da i quali mi fu accertato quella derivare da un picciolo Lago, che si ritrova nel principio della valle di Diano, di quindi poco più di due miglia discosto, o poco meno, che per un sotterraneo cuniculo quivi passa.» (“Descrittione di tutta l’Italia”, Leandro Alberti, 1546)